Il pilota militare

Sul modulo aveva scritto: militare, e lo aveva passato sotto il vetro, verso l’impiegata chiaramente assonnata, ma che si risvegliò di colpo leggendo, a voce alta: “Militare”.

Non era una domanda piuttosto una dichiarazione. L’uomo raddrizzò le spalle. Anche la donna, che doveva avere la sua stessa età, sulla cinquantina, alzò il mento, guardandolo, e aveva negli occhi spalancati la stessa fremente aspettativa di una bambina davanti al sacco di regali di Babbo Natale.

“Sì, signora”, rispose serio e sul chi va là.

“Alla caserma De Gennaro? – indagò lei – Aeronautica?”

“Sì, signora”, ripeté, ricavandone un leggero fastidio.

“E magari parte? Volontario?”

L’uomo serrò la mascella e socchiuse gli occhi. “Non posso risponderle, signora.”

La donna batté la Biro sul modulo, dispiaciuta dalla reticenza.

“Ma a me lo può dire, sa io sono appassionata della vita militare, di guerre, conflitti. E poi è chiaro che parte – proseguì abbassando la voce – si vede. E salirà sui Lince, eh? Menomale che adesso avete i Lince”.

L’uomo guardò sbalordito quell’impiegata che fino a pochi minuti prima era completamente anonima, addirittura mezz’addormentata, e adesso pronunciava la parola Lince con la stessa inflessione di gratitudine che usava lui, a nominarli. Lince, i blindati che lo avevano salvato tre volte dalle mine. La donna insistette: “E perché ci va?”

“Sono un militare” rispose, meccanicamente.

“Dite sempre così. A vent’anni o – lesse la data di nascita – a cinquanta. Aereonautica, eh? Scommetto che va in Afghanistan – lo tentò. Gli occhi dell’uomo mandarono un lampo – Vede? Non sbaglio mai. E lo ha detto solo alla mamma facendole giurare il segreto – un altro lampo – lo so, lo so, ma anch’io sto zitta. Zittissima. Di me può fidarsi. E cosa va a fare? Addestra?”.

“Ma lei – si irritò l’uomo, impreparato a quella interrogazione – come sa tutte queste cose?”

“È una lunga storia” – che voleva dire ‘non vedo l’ora di raccontargliela’.

“Peccato abbia voluto sistemarsi, allora – la beffò lui – con un lavoro da impiegata”.

Lei fece un piccolo scatto indietro con la testa, come se avesse ricevuto uno schiaffo inaspettato. Non era per lei il regalo dentro il sacco di Babbo Natale.

“Ah sa, la vita – rispose facendo sparire in fretta dal viso ogni traccia di speranza. Timbrò il foglio e glielo restituì – ecco il suo tesserino, questi sono gli orari del suo medico di base, buona giornata” e chiamò un altro numero.

Il militare prese i fogli senza salutarla né guardarla, uscì dallo stanzone sporco e sbrecciato del Cup. Fu dentro il cielo di giugno e respirò sollevato. “Cosa ne sa quella frustrata” si disse salendo in auto. Immaginò di raccontare la scena agli amici, se la ripeté a voce alta, la fece diventare surreale. “Avrà avuto cinquant’anni e parlava dei Lince, ah ah ah”. Imboccò la strada per Bertinoro, l’auto iniziò ad inerpicarsi sulle colline romagnole, pettinate dai filari dei vigneti di Albana. Ripensò a quando aveva scelto la carriera militare. Il desiderio che aveva di essere utile al suo Paese, al mondo. Si era arruolato per questo, per essere utile al mondo. Avrebbe voluto salvarlo, il mondo. “Cosa va a fare?” gli aveva chiesto. Non andava a fare nulla, non sarebbe partito. Aveva avuto un incidente, dato che non si può stare continuamente dentro un Lince. L’esplosione gli aveva frantumato l’udito da un orecchio, addio missioni. Adesso era un amministrativo, esattamente come lei. Solo che invece di stare dietro uno sportello stava nel suo ufficio alla caserma De Gennaro. Ripensò a quando era certo di salvare il mondo. Anche la donna allo sportello aveva tutta l’aria di voler essere salvata. Gli dispiacque di averla trattata male. Si sentì completamente inutile. Ma non è che posso essere sempre attento. Non è che a stare attento poi salvo lei e il mondo. O no? Pensò di ritornarci il giorno dopo, per scusarsi, e immediatamente si sentì meno inutile.

La donna chiuse la tendina, spense il computer, si alzò dalla sedia. Andò in bagno a sciacquarsi il viso che guardò nello specchio: cinquant’anni e dimostrarli tutti. Ogni volta la stessa storia. Si odiò per essersi consegnata di nuovo a una delusione. È che non riusciva a smettere di sperare. Com’erano belli i militari. Così sicuri di salvare il mondo. Avrebbe voluto un militare che le dicesse: venga via con me. La porto in Afghanistan, la faccio salire sui Lince, mi dia la mano, venga. Non accadeva mai. Salì sulla bicicletta, pedalò verso casa.

E se anche fosse accaduto… entrò nell’appartamento, fin dentro la cucina, dove i due figli adolescenti l’aspettavano per pranzare insieme. E se anche fosse successo… avrebbe risposto non posso, mi spiace, non posso, a loro sono rimasta solo io. Fuggevolmente, l’attimo prima di abbracciarli, si sentì incastrata e  tuttavia sperò ancora.

Il giorno dopo era ancor più assonnata ma si svegliò di colpo quando sul modulo vide scritto: militare. Alzò gli occhi e incontrò quelli dell’uomo. “Non parto più – le disse d’un fiato – non mi chiamano più. Io… non vado più in missione” e avrebbe voluto chiederle: e adesso, adesso, come posso essere utile al mondo? “Oh – lei provò una sincera compassione – mi dispiace” “Però, siccome non parto, magari riusciamo a prenderci un caffè. Se per lei va bene lo stesso”. La donna pensò ai figli e fu tanto grata di essere incastrata lì, a quel modo. Calcolò che quel pomeriggio c’erano le udienze a scuola con i professori. “Sì ma non oggi – addolcì la voce per non farlo sembrare un rifiuto – domani?”.

17 pensieri su “Il pilota militare”

  1. Il contatto con la realtà è incalzante… quante volte vedendo una persona abbiamo preso spunto e creato un cortometraggio dando sfogo alla ns. fantasia ai ns. sogni più nascosti. Il tutto in una frazione di secondo…
    Non vedo l’ora di leggere altre schegge!

  2. Che bella scrittura. La invidio molto, sa?Davvero! Lei ha delle doti straordinarie.
    Mi ha fatto venire voglia di riscrivere sul mio vecchio blog abbandonato da anni. Chissà se è ancora attivo.
    Mario P.

  3. Curiosa questa impiegata, ha un modo di guardare le persone che va…oltre . tutti sono speciali, tutti hanno una storia da raccontare se solo ci fossero più persone come lei. Complimenti.

  4. Due vite apparentemente “vuote” si incontrano…
    Spesso basta lasciare aperta la porta della speranza… anche solo un piccolo spiraglio… perché accadano cose impensabili…
    Che cambiano tutto!! Soprattutto lo sguardo che ognuno ha su di sé!
    Grazie di avermelo ricordato!!!

  5. Complimenti Daniela, scrivi proprio bene!
    Sono curiosa di sapere come e andato il caffe…..insomma, attendo iil sequel!!!

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