Diretta dal Meeting di Rimini. Nell’attesa dello streaming il Centro Culturale Don Francesco Ricci aveva organizzato la presentazione del mio libro. Immaginate me ed Enrico Locatelli, presidente del Centro, davanti alla platea tutta bella distanziata, fatta di figli, autorità, colleghi, amici. Stavamo sul palco, dietro al tavolo che hanno sempre i relatori, quello con due bottigline d’acqua (grazie Maria Nalli), con me felice, strafelice.
Enrico è mio amico grande e mia figlia Adele scattava le foto: siamo allegri, rilassati, sorridenti. Fuori il sole di maggio, subito forte ma poi delicato man mano che il pomeriggio avanza, e anche altre amiche a vendere il libro e il vino. Dentro la sala noi, a parlare di me e di Centoquattordici giorni.
E invece.
Appena ho iniziato a parlare è stato come se avessi poco da dire. Non più del poco che ho detto. Una fatica enorme a cercare la risposta adatta. Come se non la sapessi! Accidenti il libro l’ho scritto io, è la mia di Storia! Alla fine, quando la Nalli mi ha ripresa dicendo che sono stata troppo sintetica (veramente ha usato l’aggettivo qualificativo “striminzita”) le ho risposto: “Ma sai che mi sono sentita proprio così, poco generosa? Hai presente la domanda che mi ha fatto la Cate Marinsalta, sai che non sapevo come rispondere e ho cercato qualcosa da dire. Sì, sì, quello che ho risposto aveva un senso, sì, io sono così, molto sintetica, ma…” “Ma Dani, lì c’era tanto altro da dire, c’era un mondo da dire, e tu puoi dirlo, devi dirlo!”.
Quindi ho salutato la Nalli e ho telefonato immediatamente alla Cate Marinsalta e le ho detto: rifammi la domanda. La domanda che mi hai fatto, Cate, quella lì, rifammela, voglio sapere cosa ti rispondo adesso, senza la platea e la paura di non essere adeguata.
Così me l’ha rifatta.
“Hai detto che questa storia d’amore è stata eccezionale. Lo è stata perché è la tua storia d’amore, o tutte le storie d’amore sono eccezionali? E perché?”.
E io, guidando, con il telefono in vivavoce, ho cominciato a rispondere attenta alle parole perché fosse chiaro quello che volevo dire, ma mossa dal cuore, dall’intensità del momento. Le ho risposto pressappoco così:
“Allora Caterina, quello che io credo, e lo credo veramente, è che ogni momento che viviamo è eccezionale. Solo che non ce ne rendiamo conto, perché è quotidiano, ci sembra il minimo che possa accadere. E invece anche i momenti che viviamo senza questa consapevolezza sono eccezionali. (Aggiungo ora: come stare in fila a uno sportello è stato eccezionale per il protagonista del libro. Non era una storia d’amore vera in quel momento, non era nemmeno una storia d’amore, era stare in fila allo sportello. Dopo avrei collocato anche lo stare in fila come parte della storia d’amore eccezionale). Penso a quando avevo i bambini piccoli e diventavo matta per prepararli tutti e cinque la domenica mattina per andare a Messa, e adesso non posso più farlo e vanno dove vogliono e quella fatica lì, di fare ciò a cui tenevo, mi manca. Penso alla mia mamma che è in Paradiso e quando cerco di ricordarla ho in mente il rumore della macchina da cucire e lei china sulla stoffa. L’odore del ragù. Quello della torta di mele in forno. I cappelletti fatti insieme il sabato sera, lei che tagliava i tortelli con la rotella la domenica mattina, il calpestìo mentre camminava per casa, lo scorrere dell’acqua oltre la porta chiusa del bagno la sera quando si preparava prima di andare a letto, la mia sorpresa nell’accorgermi che si truccava aspettando il rientro di babbo (si truccava sempre all’ora di pranzo e cena).
E poi lei appoggiata al termosifone perché aveva sempre freddo, i suoi occhi che mi guardavano con la compassione di chi sa che se ne andrà e vede la distrazione nei propri cari.
Ce l’ho chiara il giorno della Prima Comunione di Edoardo e Benedetta: mi ero comprata un completo da Max e Co., ero davvero elegante e chic, ma avevo scelto dei sandali (comprati da Rema, per carità, marca Fornarina), aperti, piede nudo, bianchi con la righina azzurra e lei, davvero perfetta, mi aveva guardato i piedi nudi per dieci minuti buoni, i miei piedoni nei sandali aperti, ben appoggiati anzi piantati sull’inginocchiatoio, e poi mi aveva fatto un sorriso, ma un sorriso, che c’era dentro che mi voleva bene così com’ero, che mi amava così com’ero, con i sandali fuori luogo, sempre tutta un po’ fuori luogo, e poi si era sciolta e mi aveva detto ridendo: “di sicuro starai comoda”. Mi vengono le lacrime a ricordarla, Cate, la mia mamma che aveva imparato a volermi bene con tutto il cuore, in questo evento straordinario che era la Prima Comunione – e certo lo era, ma dentro tutta la quotidianità di me che scelgo quei sandali, dei bambini emozionati, del mio babbo che scatta la prima e ultima foto mossa della sua vita giacché si commuove inquadrando Benedetta felice di bianco vestita, e gli trema la mano e quando mamma gli fa notare la foto mossa risponde: “mi sono commosso e a pigiare il bottone mi è tremata la mano” – ecco in quell’evento straordinario perché la Prima Comunione è unica, non è che c’è la Seconda e poi la Terza Comunione, dentro c’è mamma che mi dice ‘starai comoda’, babbo che gli trema la mano. Una vita dove si cucina, ci si prepara, si va a Messa, si va nel bel negozio per la Prima Comunione dei figli.
Una vita eccezionale.
Perciò Caterina, per rispondere alla tua domanda in modo sintetico ti dico che sì, la mia storia d’amore è stata eccezionale perché ogni istante che viviamo è eccezionale. Viverlo nella verità ci fa accorgere ma questa è pura Grazia. A me è successo nella storia d’amore con il protagonista del libro.
L’ho vissuta nella verità, senza voltarmi dall’altra parte quando vedevo quello che volevo evitare, se è questo che intendi per verità. Accogliendomi, come la mia mamma quando guardava con tenerezza i miei piedoni nelle Fornarina, quando mi guardava consapevole, compassionevole, appoggiata al termosifone. Io sono stata guardata, e sono tanto, tanto amata Cate. In un modo eccezionale.
Come il protagonista del libro guarda con tanto amore la protagonista e le dice: ‘mollati’. Continua a dirlo oggi, a cinque anni di distanza. ‘Mollati, non avere paura’.
Ah Cate! Sai un’altra cosa? Che nemmeno me ne ero accorta che era una storia d’amore eccezionale. Solo a un certo punto e guardando indietro. Ho vissuto Centoquattordici giorni e poi ho intuito qualcosa, e allora, andando indietro, a ritroso, mezz’ora prima, e il giorno prima, una settimana prima, un mese prima, sono risalita fino all’inizio e ci ho trovato quell’evento eccezionale che ha prodotto tutti gli eventi eccezionali raccontati nel libro e la storia d’amore inarrestabile che oggi siamo qui a dirci”.
Quel numero stampato dalla macchinetta regolafile del Cup. E79. Il suo biglietto e lo sportello dove lavoravo. Se ci penso mi sembra che tutto sia avvolto da una polvere luminosa, che l’aria sia piena di pulviscolo dorato. Vorrei vederla sempre quella polvere lì.
Ieri sera ho chiamato Enrico Locatelli e gli ho raccontato ogni cosa. Enrico era stanco, erano le undici e aveva avuto una domenica tanto impegnativa anche lui. Ma mi ha ascoltata tutta (e non sono mai sintetica quando ci parliamo, ahilui), e poi ha detto: “Sì, è vero tutto, e in conclusione tu all’incontro ci sei stata come sei, come potevi, e bene che ti smuove ancora”. Mi smuoverà ancora per un pezzo, spero. Dio mio, fai che io possa accorgermi, e stupirmi. Di sicuro non accadrà tappando le cose scomode. Sono sempre le più interessanti. Ciao Cate, un bacio e grazie.
Daniela hai la capacità di farmi piangere, io che non piangevo dal giorno che è morta la mia di mamma. E adesso non so se ridere o piangere. Di sicuro una cosa c’è di veramente straordinario :TU.
Mi sa che qui lo straordinario è la nostra amicizia!
Dani sei unica!!! Di solito ti leggo tutta compresa in quello che ero facendo…accucciata sul divano oppure raggomitolata nel letto la sera prima di dormire….stasera quando è arrivato il tuo messaggio era intenta a prepararmi per domani mattina per andare a lavorare senza fare le solite corse…e mi salta lo smalto cotto ad un dito….
“Non posso andare a lavorare così domani mattina”…penso…ma non posso resistere alla curiosità di leggere di nuovo il tuo blog…..”….ce la faccio a fare entrambe le cose…”….penso…..
Come no….lo sguardo appicciato allo schermo del cell e intanto lo smalto andava da tutte le parti, la lucina del forno si spengeva e la mano che rimaneva lì a candire, il colore dello smalto non era quello delle altre dita e mi sono dimenticata di dare la mano finale….si va beh….
Insomma, devi essere davvero unica per farmi fare dei pastrocchi tali!
La prossima volta mi raggomitolerò sul divano, o nel letto e leggendoti, mi addormenterò pensando che basterebbe tenersi anche solo la più piccola delle tue riflessioni e la mia giornata sarebbe di sicuro più illuminata!
Grazie Dani!😘
Vorrei dire che alla nostra INDISCUTIBILMENTE verde età dobbiamo PRIMA DI TUTTO PENSARE ALLE UNGHIE POI, e solo poi, al racconto dell’amica che infatti si può leggere: a) in bagno; b) mentre il ragù sobbolisce; c) in fila a un qualunque ente pubblico!
Ogni volta che ti leggo, scopro un pezzetto di Daniela che va a comporre il puzzle di una persona bella e a me molto cara. Ah…sai che pure a me dicono che sono sempre troppo sintetica nelle mie risposte e nei miei commenti…?
Un bacio sister ❤️🌹
ma sai che mi sono accorta che – a scrivere – la risposta sintetica… funziona. Nel senso che arriva esattamente quello che voglio dire. Nel parlato, invece, è diverso. E’ come avere la possibilità di mettersi in gioco su tanti aspetti… l’immediatezza, per esempio. E io voglio vivere tutta questa libertà che mi è lasciata, viverla tutta. Molliamo gli ormeggi, e il vento gonfi le vele e via!
“Ogni istante che viviamo è eccezionale”. Io voglio vivere con questa questa consapevolezza, ma me ne dimentico quasi sempre. Ho deciso di scrivere la tua frase in un grande foglio e di appenderla. Funzionerà? Un abbraccio
Sì così quando lo leggi, domandi di accorgertene!!!
Cara Daniela, ho letto ora il tuo ultimo racconto e mi sono commossa soprattutto nel ricordo della mamma e dell’amore che ti ha dato.
Mi fa molto piacere ricevere i tuoi pensieri sul Blog. Sei veramente brava e coinvolgente nelle tue storie.
Un abbraccio, Eugenia 🙋♀️🌟
Sì quel ricordo commuove anche me. Ti abbraccio