Il nuovo prete del paese era molto giovane, con i riccioli biondi e la faccia piena di lentiggini. Aveva individuato la Signorina Giulianini – professoressa di lettere alla scuola media, volontaria nella Casa di Riposo – come persona capace di dare una mano anche in parrocchia. Una domenica l’aveva fermata all’uscita da Messa: “Che ne dice di tenere il catechismo ai bambini della Prima Comunione?” “Come funziona?” “Un’ora la domenica mattina prima della Messa. Da settembre.” “Ci penso.” A posteriori il prete capì di aver fatto il passo più lungo della gamba.
La Signorina Giulianini ci pensò. Tornando a casa col passo svelto e deciso che le consumava le scarpe. Cucinando il pranzo e lavando i piatti. Il nuovo prete le sembrava un ragazzino. Non voleva eludere la sua richiesta – non evitava le domande dei propri alunni, figuriamoci – ma le sembrava una domanda un po’ azzardata (e il giovane prete non aveva ancora idea di quanto azzardata fosse! Se ne sarebbe accorto!). Lei non sapeva nulla né di bambini, né di Catechismo. Aveva accudito i genitori anziani, insegnava alle scuole medie, leggeva ai vecchietti. Bambini? Di Prima Comunione? E quanti anni avrebbero avuto? Sei, sette, otto? E cosa avrebbe dovuto dire?
Controllò l’orologio al polso: gli ospiti della Casa di Riposo l’aspettavano in veranda, ben sistemati sulle sedie a rotelle e ripuliti dal pranzo che riuscivano a spargersi dappertutto, come i bambini. Le vecchiette anche con due gocce di profumo dietro le orecchie: in pigiama sì, ma profumate. Le infermiere erano attente, era domenica, era giorno di festa. La Signorina Giulianini infilò nella borsa Francisco De Quevedo, nel portatorte la ciambella cotta al mattino e uscì chiudendo la casa propria diretta a quella di riposo. La domenica sera le stesse infermiere nel sistemare gli anziani a letto avrebbero avuto un bel daffare a togliere dai pigiami le briciole della ciambella. Si chiedevano sempre quanta ne avessero assaggiata da tanta che ne avevano addosso. La Signorina si augurava che restassero loro addosso anche i versi del poeta: “… vene che a tanto fuoco han dato umore… anche in cenere, avranno un sentimento; saran polvere, ma polvere innamorata”. Accadeva? A chi? Lei non lo sapeva.
A sera, lavando i piatti per la seconda volta nella giornata, si disse che per affrontare il catechismo e le domande dei bambini avrebbe dovuto come minimo rileggersi i Vangeli. Si ricordò di avere una Bibbia tra i libri in sala. Aveva la copertina in stoffa rossa e pesava almeno un chilo nonostante le pagine in sottilissima carta di riso. I Vangeli si trovavano molto oltre la metà. Iniziò a leggere il Vangelo secondo Matteo in piedi, sotto il lampadario, ma ogni versetto aveva delle note e dovette infilare gli occhiali per decifrarle. Occupavano metà facciata e citavano fatti accaduti in precedenza. Sempre in piedi, impaziente, sfogliò fino ai capitoli della Passione e lì si accorse sgomenta che le note ai versetti, invece di confluire verso la conclusione della vicenda, risalivano la corrente come salmoni, rimandando a fatti narrati nel libro dell’Esodo. Quindi, ragionò, forse era da lì che bisognava cominciare. Sedette al tavolo voltando le pagine all’indietro, chiedendosi cosa c’entrasse la Crocifissione con l’Esodo dall’Egitto, come c’erano finiti in Egitto, e chi ci fosse andato per primo. Tale Giuseppe che faceva i sogni: “Ah questa parte gli piacerà senz’altro”, pensò la Signorina Giulianini, leggendo avidamente il libro dell’Esodo, con Giuseppe che svelava al Faraone: “Avrai sette anni di vacche grasse e sette anni di vacche magre”, e il Faraone che dava ordine di costruire le cisterne per fare scorta di grano. E comunque Giuseppe era il fondatore della tribù che portava il suo nome, ma quante erano in tutto queste tribù, e da dove erano uscite dato che prima c’era stato il diluvio universale?
La Signorina Giulianini sentì la testa girarle. Guardò l’ora: le due di notte. Le era capitato di nuovo. Non succedeva spesso e quando capitava lo considerava una specie di miracolo. Il Libro era affascinante e se affascinava lei avrebbe affascinato anche i bambini di Prima Comunione. Avrebbe dato loro le basi. Ampie. Molto ampie. Doveva incontrare il prete per dirgli: “Sì figliolo, insegnerò catechismo ché i bambini non saranno poi così diversi da me, dagli adolescenti e dai vecchietti e ci entusiasmeremo uguale”.
“Ma – aggiunse guardandolo dritto negli occhi, pure quelli chiari come i riccioli – voglio avere il quadro completo prima di leggerla ai bambini”.
“Benissimo Signorina Giulianini – si rallegrò lui – leggere la Bibbia da cima a fondo è un’esperienza unica, che io consiglio ma che non tutti sono disposti a fare personalmente”.
“Non solo personalmente. Anche in gruppo. La leggerò ai bambini dopo averla letta io”.
“Tutta la Bibbia Signorina Giulianini? – il prete ebbe un’incertezza e sentì la testa girargli come alla Signorina alle due della notte – Mi sembra una lettura eccessiva per loro – replicò cercando di impedire un secondo sacrificio di Isacco dal quale doveva trarre in salvo i poveri bambini – Magari mi dice cosa l’ha colpita e l’aiuto a scegliere i brani più adeguati.”
La Signorina Giulianini gli fece un bel sorriso.
“Grazie don… don?”
“Don Stefano.”
“Ecco, so scegliere i brani adeguati e comunque non ci sarà bisogno di scegliere dato che gliela leggerò tutta. Ci vediamo domenica a Messa.” e girò sui tacchi avviandosi verso casa.
Il giovane prete guardò il sagrato vuoto. Isacco aveva ancora un po’ di tempo per scampare al sacrificio. Almeno fino a settembre. Si passò una mano tra i riccioli biondi e tornò in chiesa a pregare. Il Cielo avrebbe provveduto.
La Bibbia della Signorina Giulianini aveva duemilaseicentosessanta pagine. Come tutte le Bibbie cominciava con il libro della Genesi e terminava con l’Apocalisse. Tolte le trentaquattro pagine di introduzione ne restavano duemilaseicentoventisei. Quante poteva leggerne al giorno? Era una lettrice veloce, almeno venti. Duemilaseicentoventisei pagine diviso venti pagine al giorno fa centotrentuno virgola tre giorni. L’avrebbe letta tutta in 4 mesi e mezzo. Era aprile. Per il catechismo che cominciava a settembre sarebbe stata pronta. Quella sera puntò la sveglia alle cinque e andò a letto presto.
La Signorina Giulianini si svegliava alle cinque e a occhi chiusi rintracciava la vestaglia lasciata a portata di braccio la sera prima. La infilava senza scendere dal letto e questa operazione le costava parecchia fatica, mezz’addormentata com’era. Ma una vestaglia addosso, anche parzialmente addosso, era meglio di niente, e così riusciva a poggiare i piedi giù dal letto, sul pavimento freddo. Sostava sul bordo ondeggiando avanti e indietro, come un tuffatore che ondeggia sul trampolino e poi via! solo che invece di buttarsi verso il basso come fanno i tuffatori si buttava verso l’alto, mettendosi in piedi. Infilava le ciabatte e ostinandosi a restare mezz’addormentata scendeva in cucina dove azionava il macinacaffè elettrico per un minuto buono. Piano piano l’aroma dei chicchi frantumati le entrava nelle narici e fino in gola, svegliandola abbastanza. Preparava la moka a occhi socchiusi, accendeva il fornello bassissimo e lasciava la Bialetti a imperlarsi di goccioline per lo scambio termico. La cucina a pianterreno era molto fredda in aprile e l’acqua del rubinetto usata per la moka, gelida. Dato che l’acqua della cucina era la stessa del bagno appena entrava nella doccia si svegliava completamente e ne usciva mentre il caffè gorgogliava. Lo ingollava avvolta nell’accappatoio, in piedi come se fosse stata nel bar della piazza, ma invece di guardare il barista guardava il cielo oltre i vetri della portafinestra che dava sul giardino. Poi si preparava e alle sette in punto le mancava solo di infilarsi le scarpe per uscire. Invece sedeva comoda nel divano e leggeva per un’ora buona. Dopo un’ora metteva il segnalibro alla Bibbia, le scarpe ai piedi e con il suo bel passo attraversava il paese ed entrava in classe. Facendo lezione guardava i ragazzini e le ragazzine sui banchi e li immaginava piccoli Davide chiamati a diventare Re.
Con l’arrivo del caldo e la chiusura delle scuole invertì i ritmi. Al mattino le proprie faccende e al pomeriggio la lettura. Continuava ad essere in difficoltà con la sveglia che suonava alle cinque ma dopo due mesi il tempo di recupero si era accorciato. Adesso infilava la vestaglia in piedi, con tutti e due gli occhi aperti.
La Genesi fu una rivelazione, nel senso preciso del termine: scoprì la testardaggine di Abramo e sentì di somigliargli parecchio. L’Esodo, lo aveva già intuito, l’appassionò oltremodo, immaginando gli ebrei, nella notte, mentre aspettavano che si cuocesse il pane azzimo. Li vedeva questi ebrei in silenzio, pronti alla partenza, i bambini in attesa che chiedevano: “Perché questa notte è diversa da tutte le altre notti?”. Conobbe Tobia il coraggioso che aveva sposato la sette volte vedova Sara – e qui la Signorina Giulianini trovò una nuova speranza per sé – li oltrepassò per rincuorare Giobbe che non aveva bisogno di essere rincuorato ma solo di arrabbiarsi ben bene.
La domenica pomeriggio, quando usciva dalla Casa di Riposo, trovava ad aspettarla al bar di fronte l’amico motociclista. Lui le raccontava di come si prendono le curve col sole in faccia verso il passo della Colla di Casaglia e lei di come Nabucodònosor gettava ai leoni chi lo contraddiceva nel passo del profeta Daniele. Il barista si chiedeva come sarebbe andata a finire tra loro; come era andata a finire col profeta Daniele lo aveva scoperto andando a cercare nella Bibbia.
Avanti, un profeta dopo l’altro, arrivò il giorno in cui svoltò pagina e lesse scritto a caratteri grandi: NUOVO TESTAMENTO. Si sentì una novella Mosé che poggiava i piedi sull’altra sponda. Aveva letto duemilacinquanta pagine in centoduegiorni. Il Mar Rosso era decisamente dietro le spalle e mancava solo la volata finale per arrivare alla Terra Promessa. Vangeli e Atti degli Apostoli furono letti con lo stesso ritmo ma l’Apocalisse la lasciò perplessa. Non si aspettava tutta quell’ostinazione sul castigo finale.
La Signorina Giulianini si accorse di essere interdetta. Se ne accorse subito perché quella sensazione lì, come di conti che non tornano, le era già capitata e sempre la vita aveva avuto qualcosa da dirle. Anche in quel momento, stesa sul divano alle due del pomeriggio, si sentì pungere. Cercò pace andando avanti nella lettura ma non funzionò. Ed era a pagina duemilaseicentotrentasei che anche tolte le pagine di introduzione dava un bel numero, insomma ormai era fatta, nemmeno due giorni e avrebbe finito. Poteva leggerla ai bambini e spiegare tutto quanto.
Infilò il segnalibro e uscì in giardino. L’ora calda non era la più adatta per annaffiare – meglio al mattino presto, o alla sera – ma aveva bisogno di fare qualcosa di semplice tipo muovere le braccia o guardare qualcosa che fosse più in là di un libro a mezzo metro dagli occhi. Quando terminò di annegare piante e vasi, le corolle delle rose piegate da tanto che erano zuppe, rientrò, infilò i sandali e uscì in strada. Alle due del pomeriggio d’agosto il paese era vuoto e silenzioso. Dopo aver attraversato il Mar Rosso e il deserto del Sinai attraversò anche il paese. Diritta dal prete.
Don Stefano ci mise parecchio ad aprire. Era appena tornato dalle due settimane di campeggio con gli scout. Avevano svallato tutti i possibili monti dell’Appennino. Due settimane così sfiniscono il più atletico dei preti e lui non era atletico, perlomeno non lo era prima del campeggio. Quando la Signorina Giulianini suonò al campanello stava vuotando lo zaino in mezzo al corridoio. La riconobbe attraverso lo spioncino. Recitò un Pater Ave e Gloria e poi, per sicurezza, anche un Angelo di Dio e un Eterno Riposo. Perciò impiegò un po’ ad aprire.
“Salve Signorina Giulianini. Che bella sorpresa. Come va la lettura? Ha terminato?” La Signorina Giulianini lo guardò affranta. “Mi mancano poche pagine. Ma non credo la leggerò tutta ai bambini. L’Apocalisse è terribile”.
Il sacerdote pensò: “Un miracolo” ma disse invece: “In effetti deve preparali alla Prima Comunione non all’Estrema Unzione”. La chiesa faceva ombra al sagrato dov’era una panchina. Sedettero. Era fresco lì fuori. “A parte l’Apocalisse – dichiarò lei – il resto va bene e glielo leggerò, cioè – si corresse subito vedendo il terrore nelle pupille del sacerdote – non tutto e difilato come ho fatto io. Dei pezzi qua e là. Solo per dargli le basi.” “Saprà come fare. Ha detto che sa scegliere i brani adeguati”. La Signorina si guardò i piedi. “So che ai nostri amici nella Casa di Riposo legge i suoi Poeti preferiti. Lo fa per dargli le basi?” La Signorina Giulianini sentì arrivarle una risata: “Ho capito dove vuole arrivare”. “Lei ci era già arrivata. Ha avuto bisogno di leggere tutta la Bibbia per ricordarselo.”
“Meno le ultime ventiquattro pagine. L’Apocalisse manda tutto in cenere.” Il sacerdote guardò in alto, fece un bel sospiro sereno. Dimostrava più della sua età, adesso. “Un’infermiera dell’ospizio mi ha raccontato una cosa – disse guardando sempre in su, strizzando gli occhi per ricordarsi meglio – alcuni versi che lei ha letto una domenica. Dicevano che alla fine saremo cenere. Sono andato a cercarlo quel poeta e mi trovo tanto d’accordo: saremo polvere, ma polvere innamorata”. La guardò con quegli occhi chiari che non erano più slavati, piuttosto curiosi: “Mi dica cosa l’ha colpita di più nella Bibbia, così, senza pensarci troppo.”
La Signorina Giulianini non ebbe bisogno di strizzare gli occhi per ricordarselo: “Direi l’amicizia che aveva Abramo con Dio. Santo Cielo – agitò le mani davanti a sé – ha presente quando Abramo insiste fino allo sfinimento: e se ci fossero cinquanta giusti, e non c’erano, e se ce ne fossero venti, e non c’erano, e se ce ne fosse uno? Voglio essere così, sempre.” “Così come?” “Rompiscatole. Sincera.” “Allora siamo sulla buona strada – commentò il prete alzandosi – sarà un bel catechismo, vedrà”. “Magari stasera finisco di leggere” disse la Signorina Giulianini, ma si accorse che non le importava più.
Amor constante más allá de la muerte – Francisco de Quevedo
Cerrar podrá mis ojos la postrera
sombra que me llevare el blanco día,
y podrá desatar esta alma mía
hora a su afán ansioso lisonjera:
mas no, de esotra parte, en la ribera,
dejará la memoria, en donde ardía:
nadar sabe mi llama la agua fría,
y perder el respeto a ley severa.
Alma a quien todo un dios prisión ha sido,
venas que humor a tanto fuego han dado,
medulas que han gloriosamente ardido,
su cuerpo dejará, no su cuidado;
serán ceniza, mas tendrá sentido;
polvo serán, mas polvo enamorado.
Immensa la signorina Giulianini! Vorrei avere la sua intraprendenza e il suo coraggio per riuscire a leggere la Bibbia intera.
Complimenti Daniela 😘🌹
Dài Alessandra tu comincia e quando ti annoi passi oltre…
“Polvere innamorata”…questa sì che è è poesia. Grazie Daniela e complimenti 👏👏👏
è una poesia che Papa Francesco ha citato nell’omelia del mercoledì delle ceneri, sono andata a cercarla e così ho scoperto l’autore Francisco de Quevedo. questa della polvere innamorata è la più emozionante per me. perché dice che le vene saranno cenere ma per l’amore che ha fatto scorrere più forte il sangue saranno sì polvere, ma polvere innamorata… da lacrime!
Stupendo
La signorina Giulianini, caparbia e appassionata contagia vecchietti, bambini e…lettori.
Meravigliosa!!!