C’era una volta una bambina di dieci anni che si chiamava Benedetta.
Aveva il viso spruzzato di lentiggini, capelli lunghi e castani, occhi scuri, naso piccolo e labbra piene che quando si aprivano in un sorriso mostravano dentini bianchi. Un’amica della mamma diceva sempre che il suo volto era soave. Le piaceva disegnare ed era bravissima con l’hula hop.
La mamma scriveva in un giornale che l’annoiava: parlava di banche, assessori, tangenziali, ospedali. Preferiva le storie o i libri divertenti. Un pomeriggio era sul divano, i piedi sui braccioli e nelle mani un romanzo. La mamma aveva appoggiato il computer portatile sulle ginocchia e premeva i tasti furiosamente con il rumore della grandine quando sbatte contro i vetri. Era difficile, per Benedetta, concentrarsi sulla storia con quella tempesta nelle orecchie. Rinunciò a leggere e domandò: “Cosa stai scrivendo?”.
“Un articolo, stellina. Aprono una nuova scuola nella ex Jugoslavia e il nostro Comune gli regala dei soldi”.
“Cos’è la ex Jugoslavia?”.
“Un territorio dall’altra parte del mare. Davanti a Cesenatico. ”
“Davanti al Bagno Casali?”.
“Lì davanti. Tu mangi il gelato sotto l’ombrellone e dall’altra parte del mare costruiscono una scuola”.
“È una cosa bella”.
“Bellissima. Dovrebbero aiutare anche le nostre scuole, la tua per esempio, che rischia di chiudere.”
“A me piace che aiutiamo una scuola davanti al mare. Sembra una fiaba. Me ne scrivi una?”.
“Non so fare”.
Benedetta non le credette. La sua mamma dolce sapeva scrivere di tutto: anche le poesie che attaccava sullo sportello del frigorifero. Figuriamoci una fiaba! Iniziò a implorarla: “Ti prego mammizzola, inventane una, una per me, tutta mia, la sai scrivere certamente”. Continuò a chiederla per giorni e giorni: “Con la principessa, il principe, il Re, la Regina e la strega. Che non parli di me, nessuno deve chiamarsi Benedetta”. Aveva un motivo per raccomandarsi così: quando sua madre inventava le storie per addormentarla ci ficcava almeno un personaggio di nome Benedetta. Lei protestava ogni volta.
Una sera, dopo il bacio della buonanotte, Benedetta fu più implorante del solito. La mamma chiuse la porta della cameretta, andò nello studio. Sedette al computer, aprì un foglio di Word. Una fiaba. Una fiaba per Benedetta. Il foglio bianco era sempre stato per lei come il prato per una bambina con la voglia di correre. Appoggiò le dita sulla tastiera. Chiuse gli occhi. Principi e principesse. Castelli, boschi, cavalli. Cavalieri, combattimenti, tornei. Lance, spade, armature. E adesso? Cosa farci con tutta quella roba? Forse ne occorreva altra. Re, Regine, regni, imperi, conti, baroni… no, no, niente conti e baroni. Piuttosto gente comune, lavandaie, fabbri, artigiani, orafi. Un anello? Banale. Una corona! D’oro e brillanti, anzi, rubini e acquamarina. E dove stanno gli orafi migliori, da sempre? Ma lo sanno tutti.
A Firenze, sul Ponte Vecchio.
I
LA PRINCIPESSA
Era una calda mattina di giugno dell’anno 1337. Firenze era in fermento, si stava preparando a celebrare la festa del Patrono, San Giovanni, e ogni angolo delle vie era un intreccio di gente che andava e veniva. Sulle strade appena fatte selciare si aprivano botteghe di commercianti in un girotondo di clienti che discutevano costo e valore dell’oggetto adocchiato, artigiani indaffarati a preparare le ultime consegne, mercanti che portavano prodotti di ogni genere.
Il ragazzo che correva in mezzo alla folla non era interessato ai commerci. Troppo giovane per essere un mercante, troppo ben vestito per essere un garzone, correva sicuro delle strade da imboccare e un paio di volte deviò per vicoli sconosciuti, così da accorciare il percorso. Se qualcuno avesse potuto guardare la sua corsa dall’alto, si sarebbe accorto subito della meta: era diretto verso l’Arno, al Ponte Vecchio dove si aprivano le più ricche e belle botteghe orafe della città e dello Stato. Ne superò alcune e bussò con forza a quella che gli interessava.
– Mastro Pietro! Sono Luca! Mi apra, sono Luca!
– Ecché fai? Ti sei scordato le bone maniere? – dall’interno arrivò una voce tonante con un forte accento fiorentino. La porta venne spalancata da un omone sorridente – Oh Luca! Cosa hai corso a fare? Voi un po’ d’acqua?
Il ragazzo accettò avanzando ancora veloce nella bottega dell’orafo, e sedendosi di botto su una poltroncina ricoperta di seta: – Ho un’importante commissione per lei.
Luca era di servizio a Corte e Mastro Pietro ragionò: forse il Re voleva fare un regalo alla sua sposa per la festa del Patrono e immaginò subito gli orecchini con pietre minute come chicchi di grano per non sciuparle i lobi delle orecchie, mentre per girocollo e anello pietre grosse come noci, infine una spilla leggera per non strappare l’abito…
– Si è incantato? – Luca lo guardava incuriosito.
– Orecchini, girocollo e spilla per la Regina! Dimmi c’ho indovinato! – lo sfidò Mastro Pietro trionfante.
Luca girò lo sguardo alle pareti della stanza colme di gioielli.
– No. Deve fare una corona.
Una corona? All’omone girò la testa. Il giovane spiegò:
– È per la principessa. Il Re vuole trovarle marito. Ci sarà un torneo e il vincitore la sposerà. Lei vuole una corona da mettere al ballo, una corona… – che parola aveva usato la principessa? Ah, sì: santa – una corona santa, ha detto, per riuscire a capire chi fra tutti i cavalieri farà al caso suo.
– Una corona magica!
– Benedetta!
“Mamma! Hai promesso!” protestò Benedetta.
“Cosa?”
“Lo sai benissimo! Avevi promesso che sarebbe stata tutta inventata! E senza il mio nome!”
“Ma guarda che ti stai sbagliando, nessuno qui si chiama Benedetta. È un aggettivo qualificativo quello della mia fiaba. Posso andare avanti? Mi fai raccontare?”
“Sentiamo” e si risistemò comoda sui cuscini del divano.
– Benedetta! – esclamò Luca riferendosi alla corona – Una corona benedetta, zuccone! Di magia la principessa non vuole sentir parlare. Una corona benedetta che parli al suo cuore.
– Ci vorrà una reliquia di San Giovanni – mormorò l’uomo. Si era girato verso il banco da lavoro e guardava le pietre che stava lucidando prima che Luca arrivasse – L’acquamarina più trasparente sarà per la Madonna… il rubino più grande mai visto sarà per il sangue di Cristo…
Prese Luca per un braccio, accompagnandolo, per così dire, alla porta: – Che tu fai ancora qui? ‘Un lo capisci che ho da lavorare?
(continua…)
Aspetto la seconda puntata!! Mi sembrava di essere lì con i personaggi
Beh… ora ci vuole il seguito… attendo fiduciosa!!! Questa corona “benedetta” sa da fare!!!!
….sei bravissima😊attendo il seguito
Attendo trepidante il seguito! Che tu sia benedetta carissima Daniela!!! 👏😘❤️